Holly e Benji. Ansia individuale ed organizzativa.
Ricordate le partite infinite di “Holly e Benji”, cartone animato giapponese degli anni ottanta, dove un’azione di calcio poteva durare interi episodi e l’ansia cresceva fino a quando non si vedeva finalmente il gol? Quell’attesa, carica di tensione, è una perfetta metafora dell’ansia che molti di noi sperimentano nel contesto lavorativo. Come nei campi infiniti di “Holly e Benji”, le sfide lavorative possono sembrare interminabili e l’ansia può crescere di intensità man mano che ci avviciniamo agli obiettivi.
L’ansia sul posto di lavoro è un problema sempre più diffuso nella società moderna, influenzando non solo la produttività ma anche il benessere fisico e mentale degli individui. Le cause dell’ansia lavorativa sono molteplici e variano da persona a persona. Tra le cause più comuni ci sono la pressione per raggiungere obiettivi e scadenze, difficoltà relazionali con colleghi o superiori, carico di lavoro elevato e aspettative irrealistiche.
Secondo uno studio dell’ISTAT (2023), almeno il 7% della popolazione italiana sopra i 14 anni ha sofferto di disturbi ansioso-depressivi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riportato un aumento del 25% di questi disturbi in seguito all’emergenza Covid-19. Nel 2024, secondo le stessi fonti, il dato italiano è giunto al 12% in Italia.
L’ansia sul posto di lavoro è un fenomeno ampiamente studiato sia in psicologia che in sociologia. Tra le principali cause ci sono la pressione per raggiungere obiettivi e scadenze, le relazioni complicate con colleghi o superiori, l’eccessivo carico di lavoro e le aspettative irrealistiche.
Secondo Richard Lazarus, pioniere nella psicologia dello stress, sostiene che l’ansia lavorativa nasca spesso quando le richieste superano le risorse disponibili per affrontarle. Questo squilibrio può portare a una sensazione di impotenza e stress cronico. In questa lettura, troviamo intrecci sia individuali che collettivi sulle cause di tale fenomeno.
Christina Maslach, celebre per la sua ricerca sul burnout, ha scoperto che il sovraccarico lavorativo e la mancanza di controllo sono fattori chiave che possono portare a un esaurimento emotivo. Il suo strumento, il Maslach Burnout Inventory (MBI), è diventato uno standard per misurare il burnout e ha aiutato molte organizzazioni a comprendere meglio le dinamiche dello stress lavorativo.
Maslach ha dimostrato che il burnout è una condizione complessa che può manifestarsi come esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale. Il MBI, sviluppato insieme a Susan Jackson e Michael Leiter, è un questionario che valuta questi tre aspetti attraverso 22 item. Questo strumento è stato utilizzato in vari contesti lavorativi, aiutando le organizzazioni a identificare e affrontare le cause del burnout.
La ricerca di Maslach ha anche influenzato la decisione della World Health Organization (WHO) di includere il burnout come fenomeno occupazionale nella sua Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) nel 2019. Questo riconoscimento ha sottolineato l’importanza di affrontare il burnout non solo come un problema individuale, ma anche come una questione organizzativa e sociale.
In sintesi, il lavoro di Christina Maslach ha contribuito significativamente alla comprensione del burnout e allo sviluppo di strumenti efficaci per misurarlo e prevenirlo, migliorando così il benessere dei lavoratori e la produttività sul posto di lavoro.
Per gestire l’ansia lavorativa, diverse strategie si sono dimostrate efficaci. Daniel Goleman, autore di “Emotional Intelligence“, sottolinea l’importanza dell’intelligenza emotiva per riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri. Competenze come l’auto-consapevolezza, l’autoregolazione e l’empatia possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più armonioso e meno stressante.
Goleman evidenzia che l’auto-consapevolezza, ovvero la capacità di comprendere i propri sentimenti e le proprie reazioni, è il primo passo per affrontare l’ansia. Quando siamo consapevoli delle nostre emozioni, possiamo identificarle e gestirle in modo più efficace, evitando che ci sopraffacciano in situazioni di stress.
L’autoregolazione è un’altra competenza chiave. Essa consiste nel controllo delle proprie emozioni e impulsi. In un contesto lavorativo, essere in grado di mantenere la calma e rispondere in modo ponderato piuttosto che reagire impulsivamente può ridurre significativamente i livelli di ansia. Questa capacità permette di gestire situazioni difficili con maggiore lucidità e serenità.
L’empatia, la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri, gioca un ruolo fondamentale nel migliorare le relazioni interpersonali sul posto di lavoro. Un ambiente di lavoro empatico e solidale aiuta a ridurre l’ansia, poiché i dipendenti si sentono compresi e supportati dai loro colleghi e superiori. L’empatia favorisce anche la comunicazione aperta e la risoluzione dei conflitti in modo costruttivo.
L’intelligenza emotiva, attraverso lo sviluppo di auto-consapevolezza, autoregolazione ed empatia, può essere una potente alleata nella gestione dell’ansia lavorativa. Queste competenze contribuiscono a creare un ambiente di lavoro più equilibrato e sereno, dove lo stress viene gestito in modo efficace, migliorando il benessere generale dei dipendenti e la produttività.
La pratica della mindfulness, introdotta da Jon Kabat-Zinn con il suo programma di riduzione dello stress basato sulla mindfulness (MBSR), ha dimostrato di ridurre significativamente i livelli di ansia. La mindfulness aiuta a focalizzarsi sul presente e a ridurre l’impatto delle preoccupazioni sul benessere psicologico.
La mindfulness consiste nell’osservare i propri pensieri, emozioni e sensazioni corporee con un atteggiamento di accettazione e curiosità, senza cercare di cambiarli o giudicarli. Questo approccio permette di sviluppare una maggiore consapevolezza del momento presente, riducendo l’impatto delle preoccupazioni e delle ansie legate al passato o al futuro.
David Allen, noto per il suo metodo Getting Things Done (GTD), sostiene che un’organizzazione efficiente del lavoro può alleviare l’ansia. Esternalizzare i compiti su liste e sistemi di gestione aiuta a liberare la mente e ridurre il sovraccarico cognitivo. Il sistema è progettato per aiutare le persone a organizzare e gestire le loro attività in modo più efficiente, riducendo lo stress e aumentando la produttività.
Il primo passo del GTD consiste nel raccogliere tutte le attività, idee e impegni in un sistema di fiducia esterno alla mente, come un’agenda o un’app. Successivamente, le attività devono essere elaborate, decidendo cosa fare con ciascun elemento, se richiede un’azione immediata, se deve essere delegato o archiviato. Una volta elaborate, le attività vengono organizzate in un sistema strutturato, con la creazione di liste di progetti e l’assegnazione delle attività a specifiche categorie o contesti.
Il metodo prevede anche revisioni regolari del sistema per assicurarsi che sia aggiornato e funzionale. Infine, è fondamentale passare all’azione, eseguendo le attività pianificate. Le liste di contesti aiutano a scegliere l’attività giusta da fare al momento giusto, aumentando così l’efficienza e la produttività. Rilevante risulta come il sistema collettivo e la relativa organizzazione siano punti fondamentali per la riduzione dell’ansia.
I benefici del metodo GTD includono la riduzione dello stress, una maggiore chiarezza mentale, un aumento della produttività e l’adattabilità a diverse esigenze e contesti. Esternalizzare le attività e organizzarle in un sistema affidabile permette di avere una maggiore concentrazione e di liberare la mente dal sovraccarico cognitivo, migliorando il benessere generale.
L’ansia sul lavoro, come quella nell’attesa del gol in “Holly e Benji”, è un problema complesso che richiede un approccio multidimensionale. Dall’analisi individuale a quella organizzativa. Con il supporto di studi di psicologia e sociologia, e l’adozione di tecniche di gestione dello stress, è possibile migliorare sia il benessere individuale che la produttività sul posto di lavoro.
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